[traduzione di osservatorioiraq.it]
Accampati nella foresta del Gurug�, i sub-sahariani aspettano il momento giusto per attraversare il confine. Ma l’ultimo tentativo si � concluso con una “mattanza”.
di Belen Amador
Nessuno sa esattamente dove si trovino. Fanno parte di quei 150 migranti che per ventiquattrore hanno occupato le prime pagine dei media locali e nazionali spagnoli.
Ma tre giorni dopo il tentativo di scavalcare il reticolato di frontiera con il Marocco, nell’enclave spagnola di Melilla non si sa nulla dei 70 sub-sahariani che mancano tuttora all’appello.
E’ anche vero che sono ben pochi ad interessarsi del loro destino. Eccetto rare ong, nessuno fa domande sulla sorte di queste persone stanziate “alle porte” dell’agognata Europa.
Servirebbero indagini. Il ch� non � affatto scontato, se si tiene conto delle difficolt� a cui sono confrontati i vicini marocchini che vogliono denunciare il trattamento riservato dalla polizia locale ai migranti in attesa del transito.
Nonostante ci�, fonti in contatto con l’ospedale Hassani di Nador segnalano che sono stati accolti “diciannove feriti in seguito all’assalto della recinzione”.
Chiariscono, poi, che soltanto una delle ambulanze era accompagnata dalla polizia e che tre contusi hanno raggiunto la struttura con altri mezzi.
“Erano malmessi, scalzi, non riuscivano a camminare, ma volevano lo stesso tornare alla foresta di Gurug�”.
Allo stesso tempo, la fonte sottolinea l’atteggiamento di alcuni marocchini che non hanno esitato a prestargli soccorso, fornendo scarpe e altro. “Un aiuto importante – conclude – per persone gravemente inferme e senza mezzi di sostentamento”.
Ma il maltrattamento dei sub-sahariani non finisce qui. Durante la notte tra marted� e mercoled� (14-15 maggio, ndt), infatti, la gendarmeria alawita ha invaso gli insediamenti di fortuna dei migranti, “non solo quelli di Gurug�”.
In alcuni casi “hanno bruciato tutto, dai teli di plastica alle coperte”, in altri – come l’accampamento formato essenzialmente da cittadini nigeriani – “hanno effettuato arresti” mentre alcuni dei presenti sono riusciti a fuggire.
Le stesse fonti informano che la mattina di mercoled� due feriti, “di cui uno in gravi condizioni dopo aver ricevuto colpi al volto e alla testa”, deambulavano storditi lungo la strada.
Anche l’agenzia stampa marocchina (Map) ha pubblicato una notizia sui fatti di inizio settimana, in cui assicura che vi sono indagini in corso sulla morte di un migrante. Le autorit� “non hanno specificato se il rinvenimento del cadavere sia legato al tentativo di raggiungere l’enclave spagnola”. Inoltre la Map informa che “durante l’assalto sono state arrestate 54 persone, tra cui 4 feriti ricoverati nell’ospedale di Nador”.
Periodismo Humano, tuttavia, ribadisce che sono stati 19 e non 4 i ricoveri nel centro ospedaliero.
Secondo un’altra dichiarazione rilasciata dalle autorit� di Rabat, sempre diffusa dalla Map, “i candidati all’emigrazione illegale si sono mostrati particolarmente violenti e hanno lanciato pietre contro le forze dell’ordine”.
Affermazione smentita categoricamente da alcuni marocchini che vivono nei pressi del Rio Nano, luogo dove si � verificato il tentativo di ingresso luned� scorso (13 maggio, ndt).
Abbiamo avuto modo di parlare con alcuni di loro, che ogni giorno attraversano la frontiera per venire a lavorare a Melilla. I testimoni assicurano: i sub-sahariani che non sono riusciti a saltare la rete, sono stati picchiati dalla polizia.
“Non potevano nemmeno alzare la testa mentre ricevevano sempre pi� colpi e l’unica reazione possibile era mettersi le mani davanti alla faccia per cercare di proteggersi”.
Alla domanda se in questi casi abbiano mai visto un migrante porsi in atteggiamento aggressivo rispondono di “no” senza esitare.
“Ce ne saranno pure di violenti ma noi, durante tutti gli anni trascorsi qui, non ne abbiamo mai incontrato uno”. Al contrario – aggiungono – “dell’atteggiamento inumano” riservato loro dalla polizia.
Definiscono i fatti di luned� “un incubo”. All’una di notte due furgoni della gendarmeria si sono fermati nelle vicinanze delle case.
“Non ho parole per descrivere quello che ho visto”, dice uno di loro e aggiunge con le lacrime agli occhi che gli agenti “pestavano senza piet�” cinque sub-sahariani mentre “altri otto erano gi� stati rinchiusi nelle camionette”.
Una scena, ammette l’interlocutore, frequente in questa zona (
) dove poi, l’indomani di ogni tentativo di attraversamento, � facile imbattersi nei feriti che non sono riusciti a passare. “Questa volta per� non c’era nessuno”, dice riferendosi allo scorso marted� mattina.
L’inasprimento della violenza, da parte degli agenti, preoccupa gli abitanti del Rio Nano.
“La cosa peggiore � che, quando ci imbattiamo in questi eventi, il massimo che possiamo fare � gridare e chiedere che smettano”, riferisce un altro residente della zona.
“Tutti sanno cosa succede, il governo marocchino come quello spagnolo, ma entrambi fanno finta di non vedere”.
Loro invece non possono, non ci riescono. E ogni tanto fanno entrare in casa i migranti per prestargli un primo soccorso, anche solo per offrire dell’acqua. “Vengono scalzi, con le mani ancora insanguinate e i piedi scorticati dai sassi e dalle pietre su cui camminano”.
Fonti differenti concordano sul fatto che le forze dell’orine marocchine stiano operando con crescente brutalit� nelle ultime due settimane, dopo che circa 200 sub-sahariani hanno tentato l’accesso al territorio spagnolo, una settantina con successo.
Ma la morsa non si stringe solo attorno ai candidati all’emigrazione. Lo scorso 25 aprile il fotografo Gianfranco Tripodo, accompagnato da un collega, � stato ugualmente oggetto delle ‘attenzioni’ della polizia marocchina.
“Volevamo realizzare un reportage sugli accampamenti del Gurug�” confida il fotografo. (
) I primi due giorni sono trascorsi senza problemi, il terzo per� � andato in modo differente.
“I migranti ci hanno avvertiti che la polizia pattugliava la zona, per questo siamo rimasti nascosti, un po’ distanti dagli accampamenti”. Tornati alla macchina hanno per� trovato ad attenderli un furgone della gendarmeria e vari agenti in borghese.
“Dopo averci chiesto che cosa stavamo facendo l� ed aver controllato i passaporti, ci hanno portato in commissariato per scrivere i verbali”. Il fotografo riconosce che l’atteggiamento dei poliziotti non � stato aggressivo, “sebbene il fatto che eravamo giornalisti ci sia valso non pochi rimproveri”.
Dopo due ore di fermo, in cui sono state passate al vaglio tutte le immagini raccolte, i due sono stati rilasciati con il chiaro avvertimento di non tornare pi�. Lo stesso era successo poco prima ad altri due giornalisti, un australiano e un marocchino.
E’ una pressione costante quella che incombe su chiunque cerchi di avvicinarsi al Gurug�. “Vogliamo solo portare acqua e qualcosa da mangiare”, afferma un cittadino di Nador, “ma non ci lasciano passare”, prosegue poi riferendosi alle camionette della gendarmeria marocchina – quelle con i vetri oscurati utilizzate per ricacciare i migranti al confine con l’Algeria (oltre Oujda, ad est, ndt) – che pattugliano costantemente la zona montuosa di frontiera.
“Non � che non ci importi di loro”, spiegano i vicini marocchini, “ma in queste condizioni non possiamo fare gran ch�”. Intanto i giorni passano e le aggressioni contro queste persone, il cui unico delitto � quello di cercare un futuro pi� dignitoso, continuano.
Per la foto si ringrazia Jes�s Blasco de Avellaneda
fonte >>> periodismohumano.com
Nadie sabe exactamente d�nde est�n. Forman parte de una cifra global, ciento cincuenta, que ha ocupado durante un d�a la portada de medios de comunicaci�n locales y nacionales espa�oles. Tres d�as despu�s de que intentar�n cruzar la valla, y como es habitual tras un intento de entrada desde el lado marroqu�, nada se sabe en la ciudad espa�ola de los setenta inmigrantes subsaharianos que no est�n registrados en el Centro de Estancia Temporal de Inmigrantes (CETI). Tampoco es que su destino despierte mucho inter�s, ya que excepto alguna ONG, nadie pregunta por aquellas personas que se quedan a las puertas de pisar la ansiada Europa.
via Inmigrantes en paradero desconocido – periodismohumano.